“Tutto a posto tranne me”: storia di un’amicizia che farà crescere


copertina-tutto-a-posto-tranne-meCosa vuol dire crescere e cosa comporta? È un percorso condizionato esclusivamente dal destino o dalla volontà di ognuno di noi? O ci sono altri fattori a condizionarne l’esito? Nella Mesagne degli anni ’80, paese che rappresenta il paradigma dell’Italia meridionale, caratterizzata da un lato da modelli sociali in evoluzione e dall’altro dall’avvento di fenomeni violenti e parastatali come le organizzazioni mafiose, Mattia Bonelli e Rudi il Cileno non sono altro che due possibili potenzialità dell’essere che si concretizzano, due faccia di una medaglia.

“Tutto a posto tranne me” di Cosimo Lopalco è un romanzo di formazione, o meglio delle condizioni di una formazione: Mesagne è un paese che sta uscendo dalla società post-agricola per entrare in quella consumistica, caratterizzata comunque da un alto tasso di assistenzialismo; in questa fase di transizione si inseriscono organizzazioni criminali che si sostituiscono allo Stato o ne fanno le veci. Le ambizioni per un ragazzo di vent’anni non hanno nulla a che fare con i sogni: Mattia Bonelli, ad esempio, non sa cosa fare della propria vita, sa solo che non vuole fare quello che il padre poliziotto desidera per lui. Cresciuto in famiglia perbene, Mattia si alza tardi e passa le giornate a zonzo per il paese con i suoi amici. Il suo unico desiderio si chiama Angela, tutto ciò che ha a che fare con la maturità lo spaventa e lui se ne tiene alla larga. Rudi il Cileno è un criminale in ascesa, uno di quelli che fa paura solo con lo sguardo; dopo aver perso il padre, Rudi prova a farsi strada nel mondo con la forza e la violenza. Due persone così distanti eppure così vicine. Un torneo di biliardino, la vera ragione di vita nel piccolo paese, avvicinerà i due e permetterà la nascita di un rapporto di amicizia vero e disinteressato. Un rapporto che segnerà la vita di entrambi.

Il romanzo di Cosimo Lopalco, come già scritto, è un romanzo di formazione e racconta con grande precisione dettagli e sentimenti dei ventenni dell’epoca: i riferimenti autobiografici sembrano evidenti e lasciano trapelare con grande ironia un senso di intima nostalgia per un mondo che, pur nelle sue difficoltà, aveva un suo grado di purezza. Non si tratta di una riflessione pessimistica del mondo attuale, ma della volontà di raccontare con grande candore e semplicità la vita di un ragazzo nella Mesagne degli anni ’80.

Il problema della crescita poi è rimasto strettamente attuale: chi di noi non ha avuto le sue esitazioni pensando al futuro? Quanti hanno avuto dubbi e paure sulla scelta da compiere e, a volte, una certa indolenza? Sicuramente gli intelligenti, perché hanno avuto il coraggio di porsi delle domande. E proprio questo è “Tutto a posto tranne me”: un romanzo intelligente.

Tutto a posto tranne me di Cosimo Lopalco

Lupo Editore, 208 pag., €15

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“Parole Sante”: tra religione e scaramanzia, cosa è il Paradiso?


Religione, macopertina Parole Sante di Eva Clesisgia o scaramanzia: la vita dei piccoli paesi italiani, abitati soprattutto da anziani cresciuti con un certo tipo di rapporto con questi argomenti, molto spesso è caratterizzata anche da questi fattori.

Comasia è un paesino immaginario del Salento, nei pressi di Otranto, che fa da sfondo alla storia di “Parole Sante”, romanzo scritto da Eva Clesis ed edito da Perdisa. Nel paesino, tutto ruota attorno alla parrocchia: donna Lina Magnano e Teresa Ferruzzi si contendono la palma di pia più devota del paese, in un gioco di falsa amicizia e reale invidia. Lina è la vedova del signore del paese, ex sindaco e benefattore della comunità: la morte del marito la scuote al punto di renderla inebetita e soggiogata dal timore di Dio, rappresentato dalla figura di Don Felice. Assieme alla donna, in una grande villa tanto maestosa quanto decadente, vive il figlio Santo, gentiluomo autoridottosi all’isolamento per via di una malattia che lo ha menomato nel corso degli anni e che lo costringe a usare le stampelle. Il rapporto Lina – religione assume più i connotati della scaramanzia; la signora Magnano, donna di fede e carità nel suo immaginario pubblico, odia praticamente tutti i cittadini di Comasia e, nel segreto della preghiera, augura il peggio a ognuno di loro, in particolare a Teresa Ferruzzi. Quando questa le propone di fare del bene a una ragazza dell’Est, Viorica, accogliendola in casa come badante, la donna si trova nel conflitto tra la sua reale essenza e l’immagine di donna misericordiosa che desidera dare di sé. Intanto, Lina, per assicurarsi un posto in Paradiso, scende a patti con Don Felice…

“Parole Sante” è un romanzo arguto, dai tratti ironici, ma dal contenuto profondo che obbliga a riflettere. Caratterizzato da evidenti tinte noir e da declinazioni tipiche di un thriller, abbraccia vari temi con leggerezza e serietà allo stesso tempo. Il ruolo della religione, la condizione degli emarginati e dei diversi (sia che si tratti di portatori di handicap che di stranieri o altro ancora), la solitudine di persone pur calate in un contesto sociale, il razzismo, l’ipocrisia della gente: queste sono solo alcune delle questioni che Eva Clesis affronta, problemi di grande attualità nell’Italia odierna. Inoltre, l’autrice introduce anche il tema della felicità e del Paradiso: cosa è il Paradiso? Una vita normale, una famiglia e un uomo da amare, come sogna Viorica? Una vita sociale, dove nessuno si permette di darti dell'”anchituertu”, come vorrebbe Santo? O la vita eterna, come spera Lina Magnano?

Il linguaggio è semplice e comune, perché i personaggi sono gente comune, persone che potremmo incrociare quotidianamente in giro per il nostro paese. La trama si sviluppa linearmente, con l’intrusione di alcuni flashback che svelano man mano piccole porzioni di verità e che conducono il lettore verso la comprensione globale della vicenda.

Infine, possiamo leggere finalmente un romanzo ambientato nel Sud, ma assolutamente ancorato nella contemporaneità, quindi privo di quell’aria nostalgica da”si stava meglio quando si stava peggio”.

Parole Sante di Eva Clesis

Perdisa, 312 pag., €16

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“Il curatore segreto del Vaticano”: quando fantasia e realtà sembrano fondersi


copertina Il curatore segreto del Vaticano di Umberto VitielloLa fantasia molto spesso anticipa la realtà, la preconizza, la comprende. Chissà cosa avrà pensato Umberto Vitiello quando lo scorso 13 marzo l’argentino Jorge Mario Bergoglio è stato eletto papa e si è presentato al mondo con il nome di Francesco I. Il messaggio di povertà e di semplicità del pontefice è tanto evidente quanto inaspettato, in molti hanno pensato subito a Giovanni XXIII e a quanto emerse dal Concilio Vaticano II, voluto proprio dal papa buono.

Cosa c’entra Vitiello con la Santa Chiesa? Ebbene, nel novembre 2012 ha visto la luce il suo libro “Il curatore segreto del Vaticano”, un romanzo storico dai contorni gialli che stupisce sia per la bontà della scrittura e della storia, sia per la sua aderenza alla realtà. Uno dei protagonisti è, infatti, Francesco I, un verosimile capo della Chiesa di origini sudamericane, che sogna una chiesa unita e universale, povera e solidale. Una Chiesa che rinuncia al lusso e agli sfarzi che circonda la Curia romana e che ritorna tra le genti per poter riportare il messaggio ecumenico contenuto nelle Sacre Scritture. Altra coincidenza casuale e suggestiva è l’accenno alle dimissioni di un pontefice precedente Francesco I, avvenute effettivamente lo scorso 28 febbraio ad opera di Benedetto XVI, anch’egli citato nello scritto.

Questo scenario ha origine e si intreccia continuamente con il misterioso delitto di un turco avvenuto nell’Abbazia di Colleprato: arrivata qualche giorno prima per iniziare il proprio periodo di noviziato, la vittima è piena di segreti sui quali indaga la polizia. La sola certezza è che l’aspirante frate era molto legato a padre Rodolfo, ex professore insigne di Economia a Oxford prima di prendere i voti in seguito alla morte della moglie.

Nel romanzo, Vitiello mescola sapientemente i tratti del giallo con quelli del romanzo storico (dai documenti di Benedetto XII ai misfatti dello IOR, dal Concilio di Trento alle figure di altri pontefici); proprio in questo sapiente mix sta il segreto del libro che si lascia leggere piacevolmente e che ha il merito di introdurre la distinzione tra fede e clero. Ciò che emerge con forza è il desiderio di avere un’istituzione ecclesiastica migliore e più vicina ai bisognosi. Perché uno degli aspetti “antropologici” che introduce il libro è che la fede, senza entrare nel merito del dover credere (l’ateismo è una scelta rispettabile e di pari dignità), è qualcosa comunque di utile per l’umanità perché può aiutare la gente a trovare la speranza. Ed è per questo che una parte della Curia Romana farebbe bene a tornare tra gli uomini.

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“L’Eco O o – grafia di Madame Sissi”: l’Amore muove il mondo. Ma le case editrici…


copertinaDopo molo tempo, ritorno a recensire un libro: “L’Eco O o – grafia di Madame Sissi”di Sylvie, al secolo Silvia Larzeni.

Nel Regno di Brown, tutto è emozione e colore; la vita sociale è regolata dall’Amore, dal felice incontro, platonico e fisico, tra le persone. Il principe Brown incontra nel suo harem le donne che lo amano e che gli raccontano come è fatto il suo regno, come sono le donne e gli uomini che lo abitano, come la volontà di vivere l’amore pervade le sue genti. Fuori dal regno, tutto è nostalgia, tutto ci riporta a Brown. Questi due mondi sono legati da una domanda: ”Dove è Françoise?”. Françoise è la donna che ha fatto innamorare il principe. In questi mondi si muove Madame Sissi, giornalista alla ricerca dell’Amore, che nella sua doppia identità Sissi – Jude Salomè vivrà mille avventure, animata sempre dalla forza di questo sentimento.

Un romanzo che si divide principalmente in tre parti: la prima, caratterizzata dall’incontro tra Brown e Sissi e dai racconti su Françoise, richiama gli ambienti della letteratura orientale e i racconti di “Le mille e una notte”, per la costruzione di una cornice letteraria; la seconda è incentrata sul viaggio di Sissi in giro per il Regno, ricorda un diario di bordo e offre la descrizione del mondo di Brown; la terza è la storia di Jude Salomè, l’alter ego di Sissi, alle prese con un oscuro signor Emmanuel.

Questo libro mi offre lo spunto per una riflessione: sebbene infatti ci siano dei tratti originali, il libro è il paradigma di una certa industria editoriale che si sottrae ai propri doveri. Mancano infatti nel libro due cose fondamentali: l’editing e l’impaginazione.

Silvia Larzeni, autrice del libro, è alla prima esperienza letteraria e quindi meriterebbe di essere maggiormente seguita e consigliata su alcuni punti; in certi passi la narrazione è ridondante e meriterebbe, quindi, di essere asciugata; in altri ci vorrebbe una maggiore semplificazione del linguaggio, in altri ancora un affinamento dell’espressione. Nel libro, inoltre, ci sono errori di battitura; infine, l’intreccio potrebbe essere organizzato in maniera da renderlo meno dispersivo. In poche parole, la casa editrice, il gruppo Albatross, non sembra essersi preoccupata minimamente dell’editing.

Per quanto riguarda l’impaginazione, è lecito chiedersi se un libro di fantasia, con l’amore come tema principale, possa sembrare un manuale di sociologia universitario o qualcosa del genere.

In cambio della mancanza di professionalità offerta, la casa editrice chiede 19,50 euro per acquistare il “tomo”.

L’Eco O o – grafia di Madame Sissi è un libro obiettivamente difficile, sembra più una prima bozza che un libro finito. Sinceramente dispiace, anche perché conosco la scrittrice e so che è una persona in gamba e dalla grande capacità comunicativa.

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“Nemesis – La Chiave di Salomone”: una sfida al destino per salvare il mondo


Per alcuni il destino è una forza ineludibile, un disegno già tracciato del nostro futuro che non si può in alcun modo modificare e, soprattutto, al quale non ci si può sottrarre.. Per altri, invece, il destino è una pagina bianca da scrivere attraverso le proprie scelte e le proprie azioni, una meta da conquistare con coraggio e determinazione.

Quando Kevin ed Ellen si incontrano, capiscono subito che il loro destino è quello di stare insieme, costi quel che costi. E di costi, ce ne saranno tanti: Kevin ed Ellen sono infatti, rispettivamente, un Angelo Ombra e un Demone Emerso, figure rivali il cui scopo è quello di combattersi, preservando il Patto di Equilibrio. Nemici e amanti al tempo stesso.

Nemesis – La chiave di Salomone di Francesco Falconi è il sequel di Nemesis – L’Ordine dell’Apocalisse e parla della storia d’amore tra Kevin ed Ellen, in fuga per l’Europa alla ricerca di un posto tranquillo dove potersi amare liberamente. Il Patto di Equilibrio però è in pericolo e il tramonto inizia a sfaldarsi, prolungandosi sempre di più e lasciando emergere la natura dei due protagonisti: un Angelo e un Demone che istintivamente sono portati a combattersi. Coinvolti loro malgrado nella lotta per salvare il Patto, Kevin ed Ellen combatteranno per salvare il mondo e il loro amore, per essere liberi di scrivere il proprio destino.

Reduce dal successo editoriale del precedente romanzo, Francesco Falconi è un esperto di fantasy e le sue qualità di narratore sono piuttosto evidenti. A una prima parte piuttosto piatta, utile allo scrittore per riallacciare i rapporti con il primo libro (tramite principalmente la lettera che Ellen invia ai suoi genitori) e per spiegare le varie gerarchie celesti, fa da contraltare una seconda parte dal ritmo elevato, avvincente e densa di sorprese e colpi di scena.

Proveniente dal mondo dei libri per ragazzi, Falconi sceglie due adolescenti come protagonisti dei suoi romanzi. Il linguaggio è comunque di buon livello, permettendo così anche agli appassionati del genere non più teenager di leggere il libro. Il fantasy merita un pubblico largo, anche se in Italia viene trattato a volte come letteratura di secondo ordine.

 

Nemesis – La chiave di Salomone di Francesco Falconi

Castelvecchi Editore, 321 pag, €16,90

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”Galeotto fu il collier”: quando le belle donne e la ricchezza muovono un intero paese


Certi incontri possono cambiare la vita di un uomo. In alcuni casi, possono addirittura modificare gli equilibri di un intero paesino; se l’incontro è quello tra un uomo e una donna e di mezzo ci sono anche soldi, il gioco è fatto.

“Galeotto fu il collier” di Andrea Vitali è un simpatico e piacevole romanzo ambientato a Bellano, paese che si affaccia sul lago di Como, negli anni ’30 dello scorso secolo. Luogo ideale per godersi il lago e il sole estivo, la sua tranquillità viene scossa dall’arrivo di un chiassoso gruppo di svizzeri, tra i quali spicca la procace Helga, giunonica e interessata solo a divertirsi. Lidio Cerevelli, sedicente geometra e proprietario di una ditta edile gestita dall’onnipresente e opprimente madre Lirica, se ne innamora subito e capisce che, per coronare il suo sogno d’amore, deve aggirare l’ostacolo rappresentato dalla volontà materna. Il ritrovamento di alcune monete d’oro darà il la a una serie di eventi ed equivoci che il maresciallo Maccadò e il brigadiere Mannu dovranno interpretare per trovare la soluzione a un’intricata vicenda.

Donne e ricchezza: ecco il motore della brillante commedia raccontata dall’autore. Donne bellissime, come Helga o Olghina Cerretti, moglie del potentissimo medico massone Professor Cerretti, o Anita Campesi, moglie di uno scapestrato muratore. Sono loro ad accendere le fantasie dei bellanesi e a dare impulso ai loro sogni e alle loro azioni. Ne sa qualcosa Beppe Canizza, segretario del Partito locale, sempre pronto ad accendersi alla vista di Anita Campesi o di chiunque sia degna di ammirazione. Ricchezza, e dunque potere, come quella ostentata dal professor Cerretti che regala alla moglie un collier certamente unico, ma che non può passare inosservato..

Vitali regala ai suoi lettori una trama leggera e gradevole, spiritosa e intelligente. L’intreccio è ben costruito e dona al romanzo un ritmo veloce e intenso. Una storia frizzante e mai pesante, ben raccontata dallo scrittore che, attraverso il ricorso ad alcune figure già presenti in altri suoi scritti (come il maresciallo dei Carabinieri Maccadò) e a una presentazione quasi macchiettistica dei personaggi che appaiono man mano sulla scena del romanzo, ci offre un punto di vista sulle realtà paesane. Un libro da leggere, anche in vacanza, perché leggero e antistress.

 

Galeotto fu il collier di Andrea Vitali

Garzanti, 394 pag, € 17,60

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“La foresta ti ha“: storia di un’iniziazione per scoprirsi uomini


A volte nella vita, intraprendiamo percorsi che ci conducono in un luogo o in una situazione senza un preciso perché; come se ci fossero delle forze che ci spingono a fare qualcosa, inutile opporsi.

Quando Luis Devin (nome reale Mauro Campagnoli) ha sentito il professore di Antropologia parlare di Africa e di osservazioni “sul campo”, la sua adesione è stata dettata più dall’inconscio, o da quelle forze citate prima, che da una concreta analisi razionale di vantaggi e svantaggi di una simile esperienza.

Così, tra l’amore per la musica e per l’antropologia e il magnetismo che il continente africano ha esercitato su di lui, Devin si è ritrovato in una foresta tra Camerun e Gabon a vivere con e come una tribù locale, i Baka. Tornato in Italia, il giovane antropologo ha raccontato questa sua intrigante e appassionante avventura in un libro dal titolo “La foresta ti ha”.

Il libro racconta, in forma forse a volte romanzata ma chiaramente di matrice autobiografica, la vita africana dell’autore, il suo arrivo tra la tribù, il suo inserimento e, soprattutto, il rito d’iniziazione per morire bambini e rinascere uomini, una rarità per chi non fa parte dei Baka, figuriamoci per un bianco proveniente dalla “foresta di Torino”. Così, Devin ci racconta le suggestioni e le emozioni di un momento magico, reale eppure onirico; lo fa oscillando tra lo scetticismo razionale tipico della nostra cultura e l’istintività tipica di chi vive sulla base delle proprie sensazioni. In un viaggio che ha il sapore della scoperta, l’autore non ritrova niente altro che se stesso, o meglio noi stessi, quello che siamo stati, quello che, a volte, dovremmo essere. Una lunga osservazione che ha permesso allo studioso di esplorare sia l’Africa che tutta l’umanità, iniziando a capire perché sono nate e a cosa servono le comunità, il rispetto che bisogna dare alla natura. Inevitabile che alla fine l’autore si interroghi su cosa sia realmente il progresso.

Un libro bello anche perché vero, raccontato con passione dallo stesso Devin e con un pizzico di umorismo. Atemè e gli altri diventano così dei nostri amici, delle figure che tutti vorremo conoscere per la purezza del loro animo, perché hanno molto da insegnare e da imparare.

“La foresta ti ha” ha il merito anche di insegnarci che, nella vita, andando in fondo ai nostri istinti, seguendo le oscure forze dell’inconscio, possiamo anche ritrovare noi stessi.

 

La foresta ti ha di Luis Devin

Castelvecchi Editore, 192 pag, €16,50

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Il meridiano delle stelle: la nostra storia, la storia d’Italia


La ricorrenza dei 150 anni dall’unità d’Italia ha aperto una stagione di approfondimento letterario sulla storia d’Italia e sul periodo precedente, durante il quale movimenti come la Carboneria videro la luce e contribuirono a formare un autentico sentimento patriottico presso gran parte della società italica del tempo.

Ciò che rimane ancora oscuro è come il Sud abbia preso parte a questa Storia. Una tradizione storico – didattica ha da sempre confinato il Meridione a spettatore di molti avvenimenti, relegato alla periferia degli eventi non solo per la posizione geografica ma anche per quel fatalismo tipico di chi ha conosciuto solo sfruttamento e repressione e, per via di quel meccanismo chiamato “profezia che si autodetermina”, è convinto che sia quello il proprio ruolo e il proprio fato.

Nel suo “Il Meridiano delle stelle”, Angelo Donno ricostruisce e riporta alla luce con pazienza e perizia da storico alcune vicende che chiariscono con forza come l’Unità d’Italia sia un affare anche meridionale. Le vicende narrate dall’autore hanno luogo a Taviano, paesino del Sud Salento, e vedono come protagonista il giovane Ferdinando Rainò. Rimasto orfano di madre alla nascita e con il padre scappato via dalle proprie responsabilità, Ferdinando viene cresciuto dalle zie e da Fra’ Liberato, frate medico illuminato dalla fede e dalla scienza. L’educazione che il ragazzo riceverà dal frate lo renderà colto e, tra le altre cose, appassionato di politica e storia. Mentre il suo cuore brucia per l’amore proibito nei confronti della marchesina Livia che, nonostante le rigide differenze sociali tra i due, ricambia con passione, Ferdinando ritrova il suo vecchio amico d’infanzia Giovanni che gli parla del sogno di un’Italia unita, del desiderio di avere una costituzione che renda gli uomini liberi, di un’organizzazione che si sta muovendo perché tutto questo diventi realtà. In questo modo il nostro entra in contatto con i movimenti carbonari, dividendosi tra l’amore per i suoi ideali e quello per Livia.

Una storia salentina, una storia italiana: Donno ricrea bene l’ambiente dell’epoca e, grazie ad un’accurata documentazione storica, racconta di fatti realmente accaduti e di personaggi esisititi che, purtroppo, sono finiti nel dimenticatoio, lontano dalla ribalta dei libri di scuola.

Molto interessanti sono senza dubbio gli accenni storici: dalla storia della Carboneria al rito di iniziazione per farne parte, dalla discesa napoleonica alla restaurazione. Molto interessante anche come lo scrittore caratterizza alcune figure: tra tutte, indubbiamente, Fra’ Liberato, un religioso moderno. Nella doppia carica di frate e medico, l’uomo riesce a coniugare fede e ragione, dogma e scienza, offrendo così a Ferdinando un punto di riferimento per ogni tipo di discussione. Tramite Fra’ Liberato si evince il ruolo della Chiesa in quel tempo, cardine non solo spirituale ma anche e soprattutto civile e sociale.

Dallo stile linguistico e descrittivo dell’autore si evince la sua “provenienza”saggistica, sociologica in particolar modo. A questo, Donno aggiunge anche una ricostruzione della lingua italiana che rispecchia gli usi e le convenzioni sociali del tempo.

Un libro interessante per chi voglia approfondire la storia d’Italia, cercando di capire e saperne di più di quanto i libri di scuola non dicano.

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Un tipo americano: inquietudini e amore nell’America degli anni ’30


Il romanzo postumo di Henry Roth dal titolo “Un tipo americano” giunge in Italia, pubblicato da Garzanti.

Scrittore di successo già al primo libro (Chiamalo sonno del 1934), Roth vive un blocco creativo di circa 50 anni, fino alla scrittura e pubblicazione di “Alla mercé di una brutale corrente”,  opera di 6 volumi, 4 dei quali sono stati pubblicati in Italia ( Una stella sul parco di Monte Morris, Una roccia per tuffarsi nell’Hudson, Legàmi e Requiem per Harlem, tutti editi da Garzanti).

Ritrovato tra gli appunti di Roth e impaginato grazie a un sapiente lavoro di editor, Un tipo americano si inserisce nel filone degli scritti precedenti dell’autore, tutti di chiara matrice autobiografica e capaci di raccontare, tramite la vita del protagonista, il modello e il sogno americano.

Il protagonista è Ira Stigman, alter ego di Henry Roth. Scrittore precoce, ma uomo inetto,  viziato e tutelato da Edith, sua matura mentore e amante, Ira conosce M nella residenza artistica di Yaddo, dove aveva trovato ospitalità per un soggiorno alla ricerca dello slancio creativo che, con il suo primo romanzo, sentiva essersi esaurito. “Smarriti i propositi; smarriti lo scopo, lo slancio. Dentro di me stava avvenendo un cambiamento profondo nel modo in cui consideravo il mio lavoro, nella mia obbiettività. È difficile spiegarlo”

L’incontro con M mina le convinzioni di Ira, lo induce a ripensare alla sua vita da un’altra prospettiva, lo convince a cercare se stesso secondo la più classica delle esperienze intime americane: il viaggio coast to coast.

Evocativo e profondo, l’opera narra le vicende della vita di Ira – Henry, ne descrive le angosce e i tormenti di chi cerca di percorrere la propria strada, da solo.  Non solo, lo scrittore ci offre lo spunto per ragionare su quello che era il modello americano negli anni ‘30/40: l’obbligo di inseguire il successo a tutti i costi, le difficoltà degli ebrei in quel preciso periodo storico, le disillusioni sull’ideologia comunista, e di sinistra in generale, e le contraddizioni del sistema capitalista. Nell’amore per M e nella costituzione di una famiglia, il protagonista troverà le risposte alle proprie domande.

La scrittura di Roth è coinvolgente, risucchia il lettore portandolo oltreoceano, in un’epoca così lontana, eppure tangibile grazie alle scelte sintattiche e lessicali dell’autore, accurate e precise, mai lasciate al caso (per questo bisogna fare i complimenti anche a chi curato la traduzione in italiano).

Non può, infine, non destare interesse e curiosità la vicenda umana e artistica dell’autore e del suo personaggio che ha vissuto un blocco creativo di ben 50 anni.

La penna di Roth lascia un segno, possiede una profonda dimensione interiore, sebbene uno dei motivi di interesse del libro stia anche nelle sue riflessioni riguardo la società americana: da questa sua capacità di ”entrare dentro” il lettore si deduce la grandezza di Henry Roth.

Un tipo americano di Henry Roth

Garzanti, 304 pag, €18,60

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Un uomo giusto: quanto vale la comunicazione tra due persone opposte?


Cosa hanno in comune una persona proveniente dalla strada e una che passa la maggior parte del suo tempo in casa, tra lavoro e passioni? Che ci fa un meccanico dislessico con alle spalle un passato rocambolesco e pericoloso con un architetto?

Anna, architetto romano, vive la maggior parte della sua giornata in casa, dove ha lo studio. Lavoro e lavoro: questa sembra essere la sua vita. Pochi svaghi: qualche uscita con Valentina, l’amica del cuore, e due caffè al giorno da prendere al bar sotto casa. Proprio al bar, il suo destino incrocia quello di Davide, meccanico affascinante dallo sguardo magnetico.

Dopo sguardi e ammiccamenti vari, i due si conoscono e inizia così un legame non stereotipato, fatto di voglia di fiducia e di un po’ di diffidenza, di desiderio di conoscersi e di paura di scoprirsi diversi.

“Un uomo giusto” è la storia di un incontro particolare tra due persone diversissime, due mondi paralleli e, apparentemente, inconciliabili, due modi diversi di pensare e di vivere la vita. Non è un romanzo d’amore, perlomeno non nella sua classica accezione: è più una narrazione sulla complementarietà tra due soggetti agli antipodi, un racconto sull’importanza della comunicazione. Il fatto che Davide sia dislessico e che lo scopra grazie ad Anna è proprio indicativo dell’importanza della comunicazione. Così, la protagonista e noi lettori scopriamo quanto contino le parole, il loro peso, la loro capacità di diventare azioni.

Non solo, attraverso la storia di Davide, la Stancanelli parla anche di un sottostrato della società che, oramai, è emerso, benché la nostra moralità ci imponga di non parlarne: il mondo della cocaina, dei party, dello sballo e degli affari loschi. Ancora, c’è la storia delle periferie romane, dei ragazzi che non hanno avuto la possibilità o la voglia di studiare e che tirano a campare.

Lo stile è asciutto e diretto e, probabilmente per questo, diventa coinvolgente. L’autrice non usa giri di parole, va dritta al sodo, esprime perfettamente sensazioni e pensieri di Anna, descrive magistralmente certe situazioni. Per questo, il libro è magnetico proprio come lo sguardo del protagonista Davide, del quale racconta la vita.

Un uomo giusto di Elena Stancanelli

Einaudi, 180 pag. €16,50

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